Per il presidente della Bce Mario Draghi non si può chiamare guerra
delle valute. Certo è, però, che le manovre del Giappone che hanno
indebolito lo yen e l'apprezzamento dell'euro, che in sei mesi ha
guadagnato più del 10% sul dollaro, non hanno fatto e non faranno bene
all'economia del Vecchio continente. «È esagerato parlare di guerra
valutaria - ha detto Draghi-; non c'è niente che faccia pensare che sia
scoppiato un conflitto tra valute». Il presidente della Bce ha quindi
ribadito che «la definizione di un obiettivo politico di cambio per
l'euro non è tra le prerogative della Bce, il cui mandato è la stabilità
dei prezzi a medio termine, importante per la crescita».
L'Eurotower il prossimo mese diffonderà le nuove stime, in cui verranno valutati gli effetti della rivalutazione della valuta. Ma anche se i Paesi del G7 hanno ribadito che non ci saranno impedimenti alla libera fluttazione dell'euro rispetto alle altre monete, hanno voluto sottolineare l'impegno a coordinarsi per lottare contro le svalutazioni competitive come è stata per l'appunto quella nipponica. Ai mercati, comunque, verrà lasciata la determinazione dei tassi di cambio, sulla base dei fondamentali delle rispettive economie. Olli Rehn, il commissario Ue per gli Affari economici e monetari, ha più volte sottolineato che «un forte apprezzamento dell'euro avrebbe un maggiore impatto sui Paesi dell'Eurozona del Sud, più sensibili sul fronte delle esportazioni». Secondo Rehn il tasso di cambio dovrebbe rispecchiare solo i fondamentali dell'economia, e non essere uno strumento politico.
Posizione ribadita anche da Draghi, che ha osservato: «Fare pressioni sull'Istituto centrale in materia di cambio, va contro la sua indipendenza».
Del resto all'ultimo consiglio della Bce, Draghi aveva già sottolineato che l'apprezzametno dell'euro rispetto a tutte le principali valute era dovuto a un ritorno di fiducia in Europa. Non c'è dubbio, comunque, che i titoli di Stato dei Paesi dell'Eurozona diano rendimenti ben superiori rispetto a quelli statunitensi e, dunque, siano molto più attraenti per gli investitori.
Rehn, a questo punto, si aspetta che la prevenzione delle svalutazioni competitive delle monete sia un impegno concreto e che venga riaffermato anche al G20 di Mosca, durante il fine settimana. Da parte sua il Giappone non si scompone.
«Tokio segue politiche idonee a superare la recessione deflazionistica», così il ministro delle Finanze, Taro Aso. Ma il fronte degli scettici, guidato da Parigi, dubita della buona fede del Giappone e vuole che l'Ue si attrezzi. Quanto ai problemi di alto debito e crescita scarsa, fatti registrare soprattutto da alcuni Paesi dell'Eurozona, la Bce si aspetta di poter presto avere ulteriori dettagli sui tagli e sugli sforzi per favorire la crescita.
In Spagna, intanto, le cose sembrano andar meglio. Le esportazioni sono aumentate del 20% circa, tra il 2009 e il 2012. E il premier Mariano Rajoy ha affermato che «anche se quello in corso sarà un anno difficile, la contrazione non sarà così intensa come nel 2012». Per questo la Borsa di Madrid (+1,9%) è stata ieri la migliore tra quelle europee.
L'Eurotower il prossimo mese diffonderà le nuove stime, in cui verranno valutati gli effetti della rivalutazione della valuta. Ma anche se i Paesi del G7 hanno ribadito che non ci saranno impedimenti alla libera fluttazione dell'euro rispetto alle altre monete, hanno voluto sottolineare l'impegno a coordinarsi per lottare contro le svalutazioni competitive come è stata per l'appunto quella nipponica. Ai mercati, comunque, verrà lasciata la determinazione dei tassi di cambio, sulla base dei fondamentali delle rispettive economie. Olli Rehn, il commissario Ue per gli Affari economici e monetari, ha più volte sottolineato che «un forte apprezzamento dell'euro avrebbe un maggiore impatto sui Paesi dell'Eurozona del Sud, più sensibili sul fronte delle esportazioni». Secondo Rehn il tasso di cambio dovrebbe rispecchiare solo i fondamentali dell'economia, e non essere uno strumento politico.
Posizione ribadita anche da Draghi, che ha osservato: «Fare pressioni sull'Istituto centrale in materia di cambio, va contro la sua indipendenza».
Del resto all'ultimo consiglio della Bce, Draghi aveva già sottolineato che l'apprezzametno dell'euro rispetto a tutte le principali valute era dovuto a un ritorno di fiducia in Europa. Non c'è dubbio, comunque, che i titoli di Stato dei Paesi dell'Eurozona diano rendimenti ben superiori rispetto a quelli statunitensi e, dunque, siano molto più attraenti per gli investitori.
Rehn, a questo punto, si aspetta che la prevenzione delle svalutazioni competitive delle monete sia un impegno concreto e che venga riaffermato anche al G20 di Mosca, durante il fine settimana. Da parte sua il Giappone non si scompone.
«Tokio segue politiche idonee a superare la recessione deflazionistica», così il ministro delle Finanze, Taro Aso. Ma il fronte degli scettici, guidato da Parigi, dubita della buona fede del Giappone e vuole che l'Ue si attrezzi. Quanto ai problemi di alto debito e crescita scarsa, fatti registrare soprattutto da alcuni Paesi dell'Eurozona, la Bce si aspetta di poter presto avere ulteriori dettagli sui tagli e sugli sforzi per favorire la crescita.
In Spagna, intanto, le cose sembrano andar meglio. Le esportazioni sono aumentate del 20% circa, tra il 2009 e il 2012. E il premier Mariano Rajoy ha affermato che «anche se quello in corso sarà un anno difficile, la contrazione non sarà così intensa come nel 2012». Per questo la Borsa di Madrid (+1,9%) è stata ieri la migliore tra quelle europee.
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